Per calligrafismo si intende quello stile cinematografico che mette da parte i contenuti per concentrasi sulla perfezione scenica e formale dell’immagine e si verifica solitamente quando un autore deve sottostare alla censura molto rigida di un sistema totalitario, Zhang Yimou da qualche tempo a questa parte sembra essersi rifugiato in questo stile che esalta il suo gusto barocco dell'immagine raccontando storie lontane nel tempo, che permettono di sfruttare, con il beneplacito del governo cinese, i magnifici scenari naturali ed artistici della Cina, qualche volta pero’ capita che il calligrafismo sia una convenzione capace di far sfuggire qualche particolare pungente all’ottuso occhio della censura, cosi’ le immagini che piu’ colpiscono de La citta’ proibita sono quelle che mostrano la velocita’ con cui gli impassibili servitori puliscono il cortile del palazzo reale e cancellano le tracce della lotta mentre la folle guerra che hanno ingaggiato l’uno contro l’altra l’imperatore e l’imperatrice sono piu’ significativi come paradigma di un potere distante o meglio indifferente al popolo che e’ totalmente escluso anche dalla rappresentazione, piuttosto che melodramma dai toni che vorrebbero essere shakeasperiani: troppo futili e poco chiari i motivi che spingono il crudele (?) sovrano a disfarsi della prima moglie e a cercare di avvelenare lentamente la seconda, intrecciando una doppia storia di incesto alla gia’ complicata trama.
Resta il piacere di vedere due ottimi attori come Gong Li e Chow-Yun Fat e il delirio visivo dei costumi e delle scenografie
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