Le ore che precedono l'assassinio di Bobby Kennedy raccontate attraverso la vita di diverse persone che quella notte si trovavano all’Hotel Ambassador di Los Angeles
Un film corale, che piu’ che ad Altman rimanda a Grand Hotel citato espressamente dall’ex portiere Anthony Hopkins, e che il Mereghetti definisce "il prototipo dei film all-star con storie parallele che si incrociano"; ma qualunque sia il referente, la gente che quella fatidica notte dell’8 giugno ‘68 si ritrova all’Ambassador e’ lo spaccato di un’America che sta cambiando e perdendo definitivamente la sua innocenza, alcuni personaggi sono tipici di quell’epoca: la ragazza pacifista che si sposa solo per impedire che un ragazzo finisca in Vietnam, la moglie ricca che si identifica nel suo status sociale, il marito che invece e’ tra i primi ad andare in analisi per ritrovare se’ stesso, la ex bellona finita a fare la parrucchiera e tradita dal marito (un'intensa Sharon Stone, imbruttita per l’occasione ma soprattutto amara e fintamente cinica che con questa prova si riscatta alla grande dal “razzy” meritato per Basic Instinct 2).
Il regista Emilio Estevez, figlio di Martin Sheen, non sempre riesce a dominare le varie storie che compongono questo affresco sociale, pero' il film, che ha tra i suoi punti di forza quello di di amalgamare perfettamente le scene di repertorio con la fiction, colpisce nel segno ed e’ tragicamente commovente nell’attualita’ dei discorsi di Bobby Kennedy che punteggiano i film: non solo la necessita’ di lasciare il Vietnam si equivale alla necessita’ di uscire oggi dall’Iraq, ma di estrema attualita’ sono anche i discorsi sull’ecologia e quelli contro le lobby delle armi: peccato non aver dato una chance alla pace!
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