Mette un po’ d’ansia entrare in sala per vedere un film che sfiora le tre ore di durata, sapendo che e’ quasi completamente privo di dialoghi e voci umane, ma superato il timore iniziale ci si trova davanti a un oggetto filmico affascinante e di difficile catalogazione.
Innanzitutto il titolo: Il grande silenzio e’ assente perche’ la mancanza di voci e rumori tipici della nostra civilta’ non porta al silenzio, ma alla scoperta di suoni forse dimenticati, anche la stessa sala cinematografica “parla” un suo linguaggio nei primi dieci minuti di proiezione fatto di scricchiolii e assestamenti, di solito occultati dal frastuono della colonna sonora.
Singolare fin nella genesi, Die Grösse Stille: nel 1989 il regista Philip Gröning dopo aver visitato la Grande Chatreuse di Grenoble, casa madre dell’ordine certosino, chiede di poter girare un documentario sulla vita dei monaci, il Priorato rimanda il consenso dicendo che i tempi non sono maturi, 16 anni dopo arriva a Gröning il permesso di girare il film, purche’ il regista lavori da solo e si adegui alla Regola; nasce cosi’ quest’opera che sfugge a ogni definizione : non c’e’ una trama che sostenga i 160 minuti di narrazione, quindi non e’ un “film”, nell’accezione comune del termine; non c’e’ un commento che raccordi i vari momenti, come dovrebbe avvenire in un documentario; l’approccio che il regista pare avere con questo mondo mistico cosi’ lontano dalla nostra concezione della vita sembra quello di un documentario naturalista: alle scene di vita monastica si alternano magnifiche riprese naturali ed il monaco e’ spesso inquadrato da lontano, all’interno della suo ambiente particolare: in alcuni momenti, come quello in cui i giovani frati si svagano in montagna, la figura umana e ‘ marginale alla ripresa, come se fosse un semplice elemento della composizione naturale; a questa tecnica di ripresa il regista alterna il dettaglio sul volto del monaco in meditazione o sul suo corpo perso nell’estasi mistica, ma anche questo approccio entomologico al mondo della clausura viene meno in una scena molto bella quando un frate, terminate le sue orazioni si accorge di essere filmato e guarda in camera sorridendo imbarazzato.
Il regista si limita a mostraci il lato spirituale di questa rigorosa scelta monastica, rubando solo frammenti di un mondo fatto di silenzio e preghiera da dietro una porta socchiusa, e’ forte invece la sottolineatura della totale umanita’ di questi uomini altrimenti incomprensibili, attaverso intensi primi piani degli abitanti della Grande Chatreuse, filmati anche in situazioni in cui lo spettatore puo’ identificarsi: piu’ che la scena dei giovani frati che sciano in montagna, ho amato molto il momento in cui un monaco va a dar da mangiare ai gatti, chiamando a lungo quello che mancava all’appello.
finalmente ci sei riuscita .. e comunque ci avrei scommesso che se c'era un gatto in una scena quella era la scena più bella sei una gattara...
vabbhè.. comunque ... alla fine dove sei andata a vederlo a torino??
Scritto da: feda75 | 15 maggio 2006 a 13:04
Ava, stai esagerando! Stai vedendo troppi film! ;o)) Io ho un arretrato clamoroso invece...
Scritto da: Emanuela | 15 maggio 2006 a 14:50
Misteriosamente ipnotico
Scritto da: alp | 15 maggio 2006 a 17:32
Credevo che mi sarei annoiato e invece queste quasi 3 ore di film sono volate.
ciao
Scritto da: roy | 15 maggio 2006 a 17:41
feda mi hai sgamato! ;-)
cmq il film e' al comunale, sala ferrero
roy e alp concordo in pieno con i vostri pareri
nella grande metropoli hai la scusa che i film restano mesi, qui bisogna approfittare dell'occasione, manu! :-)
Scritto da: ava | 15 maggio 2006 a 19:00
per quanto io sia molto interessato alle tematiche religiose, Il Grande Silenzio non è riuscito a trasmettermi assolutamente nulla, il regista è a mio parere un mediocre che usa ripetutamente tecniche da spot televisivo; gli effetti sono esteriori; l'iterazione è caotica e non dà il senso dello scorrere uguale del tempo, come credo dovrebbe; le scene si succedono senza legame e criterio - proprio il contrario della REGOLA che regge ogni comunità monastica.
a ciò si aggiunge la disonestà della distribuzione, che non ha neppure sottotitolato i rari - ma importanti, proprio perché rari - passaggi parlati.
sono perfettamente d'accordo con il trafiletto di Ceronetti sulla Stampa di domenica scorsa.
Pollice verso.
ciao
F
Scritto da: scrittore1815 | 16 maggio 2006 a 20:44
oh! :-(
forse e' rivolto ad un pubblico non moltro addentro alle cose monastiche che puo' subire il fascino di un mondo cosi' diverso?
Scritto da: ava | 17 maggio 2006 a 11:50
Forse invece bisognerebbe dire che è un film brutto, malfatto; che affronta un argomento difficilissimo da rendere cinematograficamente e non ci riesce.
l'altra sera, ho rivisto, per la terza /quarta volta "C'era una volta il West" - a parte il fastidio delle interruzioni pubblicitarie, siamo sicuri che sia davvero un capolavoro? Non potremmo dire che ha un 10% di momenti artisticamente riusciti e il 90% di una lentezza e inutilità (tutti i dialoghi, tra l'altro) insopportabili?
Sulla fine del west (del mito del west) non ci sono vagonate di film migliori?
secondo me, sì. Però bisogna per forza inchinarsi al genio di Sergio Leone (dopo morto, poi, è stato santificato).
insomma, Il Grande Silenzio sfrutta un'aura di sacralità (mancanza di commercialità) per evitare la critica; viene infatti spontaneo dire che un film di tre ore sui certosini "deve" essere diverso, quindi bello. Peccato che Bresson e Kieslowski, ad es. , siano riusciti a parlarci del rapporto tra Dio e uomo facendo "anche" dei bellissimi film tradizionali.
IMHO, naturalmente.
F.
Scritto da: scrittore1815 | 17 maggio 2006 a 14:13
sinceramente mi sfugge il senso del paragone che fai con C'era una volta il west: probabilmente non e' un capolavoro assoluto del genre western, ma ha punte di genialita' che coprono ampiamente i possibili buchi di scenggiatura.
Tornando al grande silenzio, a me e' piaciuto: forse la sorpresa di riuscire ad appassionarmi ad un film (ma preferirei chiamarlo documentario) che dura tre ore e che non ha ne' trama ne' dialoghi, puo' togliere un po' di obbiettivita' nella valutazione del valore oggettivo: se posso accettare che tu lo trovi brutto mi pare decisamente eccessivo definirlo un'operazione furbastra per incantare la critica..
IMHO pure io, ovviamente :-)
Scritto da: ava | 18 maggio 2006 a 12:25
in effetti, il paragone non c'entrava molto; anzi proprio non c'era.
è solo per dire che molta critica - non la tua, ovvio (se no manco ti leggerei :-))- segue unicamente stereotipi culturali: sergio leone è riconosciuto come maestro, quindi ogni sua inquadratura trasuda genio -amche quando invece trasuda noia e inutilità; la grande certosa è un argomento sublime, quindi anche il film che ne parla deve essere sublime, anche se non trasmette alcun senso della vita monastica (mi piacerebbe infatti sapere cosa sai tu ora- dopo visto il film - di più di quanto sapevi prima sull'argomento; quindi anche se visto come documentario mi sembra assolutamente carente).
insomma, amio parere una bella occasione mancata; ci sarebbe voluto un altro regista, probabilmente.
chiudo qui
ciao
F
Scritto da: scrittore1815 | 18 maggio 2006 a 12:51
effettivamente ne so tanto come prima, ma forse il fine del film non era quello di istruirci sulla vita monastica , c'e' tutto un discorso sul segno in uno dei pochi dialoghi tra i frati..
ehm.. cmq credo di aver scritto anche io un post panegirico su c'era una volta il west dopo averlo visto sul grande schermo.. spero di non essermi giocata uno stimato lettore ;-)
Scritto da: ava | 18 maggio 2006 a 13:05
Per chi si sente abbrutito dai mille rumori quotidiani e dai milioni di inutili parole che ci sovrastano, questa immersione nel "grande silenzio" rappresenta una rara esperienza. Anche chi non è credente o non è portato al misticismo non può non godere di questa atmosfera magica, di questa lenta contemplazione dove ogni gesto, ogni oggetto, ogni movimento hanno un significato ben preciso.
Scritto da: Account Deleted | 27 maggio 2006 a 10:47