Dall’omonimo romanzo di Charles Bukowski, uno spaccato della vita di Hank Chinaski, sempre alla ricerca di un lavoro per poter soddisfare il proprio bisogno di scrittura, alcol e sesso.
Sinceramente mi aspettavo di piu’ da questo film che rischia di trascinarsi: dopo un po’ i continui fallimenti di Chinaski diventano noiosi e prevedibili perche’ non si esce mai dalla situazione di stallo, non c’e’ abbrutimento o voglia di riscossa nelle (dis)avventure di Hank, apparentemente almeno, perche’ il finale lascia sottendere un probabile lieto fine che snatura la struttura “indie” del film.
Gli attori sono in parte, anche se la loro interpretazione mi e’ parsa un po’ di maniera; forse questa impressione nasce dal difetto piu’ grosso che imputo alla pellicola: la fotografia; il regista e’ norvegese e si vede tanto che riesce a trasformare San Francisco in una landa nordica dai colori vivaci.
Quello che piu’ mi e’ mancato in questo film e’ l’atmosfera da bassofondo americano che rarissime volte riesce ad emergere tra i patinati esercizi cromatici del regista, in particolare mi rammento positivamente una ripresa di Chinaski affacciato a fumare ad una finestra del retro di un’area industriale mentre la voce off legge una sua poesia.
Anche per me questa e' stata l' immagine piu' significativa del film.
Ciao
Scritto da: roy | 28 aprile 2006 a 18:51