Gli alieni sono perfettamente integrati sulla Terra, uno di loro ci racconta la storia di un lunghissimo viaggio spaziale fatto dagli umani alla ricerca di un nuovo pianeta che potesse ospitarli perche’ in seguito ad un piu’ approfondito esame dell’UFO caduto a Roswell si era liberato un virus extraterrestre che avrebbe potuto distruggere l’umanita’.
Accedendo per la prima volta agli archivi Nasa, Werner Herzog costruisce un docu-fiction pieno di poesia visiva e dal potente messaggio etico-filosofico.
Facendo un paragone scientifico e’ come se il regista fosse riuscito a cogliere in questo film l’esatto punto di intersezione di numerose rette convergenti, tanti sono i piani di lettura del suo lavoro.
C’e’ l’omaggio al progresso aeronautico-spaziale ripercorso da immagini di repertorio che dal primo volo aereo del 1903 arrivano alle piu’ moderne teorie dei tunnel temporali, non scevro di ironia per le espressioni un po’ basite dei matematici e per il futuro che si prospetta a questo prodigioso progresso: si punta a costruire delle colonie spaziali che non siano altro che dei grandi centri commerciali!
Scienza che si interseca con l’esoterismo quando al modello delle orbite dei pianeti intorno al sole si sovrappone perfettamente il labirinto della cattedrale di Chartes e quando le immagini della sonda Galileo trasmesse dai confini dell’Universo conosciuto dimostrano come l’immensamente grande abbia la stessa struttura dell’immensamente piccolo (onore a spider che aveva accennato questa teoria gia’ nei commenti alla mostra milanese su StarWars).
La storia fantascientifica che sta alla base del plot e’ perfettamente credibile con i riferimenti ai fatti di Roswell e risponde ai canoni della sci-fi che fin dagli esordi si pone grandi interrogativi morali sull’uomo che in questa pellicola si fondono perfettamente con l’ossessione dell’analisi della volonta’ umana che caratterizza la teoretica herzoghiana.
Il film offre interessanti spunti di riflessione sul cinema: benche’ nei titoli di coda si ringrazi “la poeticita’ delle immagini Nasa”, personalmente mi sarei annoiata a morte vedendo un documentario sulla missione dello Space Shuttle STS-43, mentre Herzog riesce a renderle davvero interessanti anche grazie all’uso coinvolgente della colonna sonora che spazia dalla musica da camera a quella sacra per finire con una grande componente di musica etnica, in particolare cori dei Tenores di Orosei; allora mi domando se tra le qualita’ di un grande regista non ci sia anche quello di tirar fuori la potenza dell’immagine anche da banali documenti di repertorio.
Vedendo il crudo ritratto della vera vita degli astronauti non si puo’ non pensare all’immaginario filmico fantascientifico, soprattutto degli anni’70: quanto differisce la confusione che regna nelle anguste capsule spaziali dalle spaziose ed ordinatissime astronavi arredate con oggetti di design di 2001 Odissea nello spazio o di Spazio 1999!
Altro elemento fondamentale de film e’ la poesia delle immagini: alla bellezza della natura che possiamo trovare anche in documentari ora di moda a partire da Microcosmos si unisce l’uso filosofico delle stesse: commovente e ammonitrice la scena del sub che strazia la vegetazione marina con un sottofondo di musica dolente, mentre l’uscita dal mondo sommerso attraverso il ghiaccio che vorrebbe simulare un viaggio spazio-temporale ha tutta la forza di una nascita fisica od intellettiva (la maieutica di Socrate).
Si puo’ davvero andare avanti per ore a raccontare quello che e’ in grado di evocare questo capolavoro di Herzog, che ha un’unica pecca ai miei occhi: la scarsissima distribuzione nelle sale a dir poco vergognosa!
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