Nel 1984 Israele organizza il trasferimento in patria degli ebrei d’Etopia, detti Falasha, dopo averli raccolti in un campo profughi del Sudan. Una donna cristiana, anche lei profuga, fa passare il figlio come ebreo perche’ possa avere la possibilita’ di un futuro in Israele: inizia cosi’ l’avventura di Schlomo perennemente in bilico tra la nuova patria e nuovi affetti e le indimenticate origini.
Dopo il successo di Train de vie il regista Radu Mihaileanu torna con un opera fiume, circa 2 ore e 20’ di durata, che attraverso le vicende di un ragazzo sradicato, disegna un affresco storico della storia israeliana degli ultimi vent’anni: la diffidenza mai sopita verso gli ebrei neri d’Etopia, le speranze di pace sfumate con la morte di Rabin, la presa di potere della destra che acuisce il conflitto con la Palestina sono raccontati con brevi ma significative pennellate. L’occhio del regista segue amorevolmente la crescita di Schlomo, le sue difficolta’ di integrazione, rese piu’ dure dal dover sempre vivere nella menzogna rinnegando le proprie origini per paura di essere scacciato da Israele per motivi religiosi.
Sono ben delineati i rapporti che il piccolo etiope costruisce con la sua famiglia adottiva e con il capo della comunita’ falasha che diventa un padre spirituale per il ragazzo e i momenti piu’ intensi sono quelli delle rivelazioni: molti dei protagonista nascondono a loro volta un segreto, come Schlomo, un peso terribile con il quale bisogna riuscire a convivere.
E’ un film ricco di umanita’, paradigmatico delle vicende degli sradicati di tutto il mondo con scene molto toccanti: piu’ che la prima doccia di Schlomo preoccupato nel vedere scorrere via un bene cosi’ prezioso come l’acqua, ho trovato estremamente commovente il rogo degli abiti: quelli che per gli operatori sono sono dei cenci pulciosi per gli emigranti rappresentano l’ultimo legame con la terra d’origine, il costume tipico, legame che viene ulteriormente spezzato nella scena della ricognizione anagrafica dove il nome proprio viene tradotto oppure storpiato nel nome che si portera’ nella nuova patria.
Una bella pellicola da non perdere, fosse solo per dovere civile.
Hai ragione, e' una pellicola assulutamente da non perdere.
ciao :-)
Scritto da: roy | 07 novembre 2005 a 13:33
train de vie, oltre ad essere un successo, era un gioiello di umorismo ebraico, un piccolo capolavoro, un preziosissimo racconto. da vai e vivrai mi aspetto molto, moltissimo. dopo la tua recensione ancora di più. domani vado. (si scrive etiopia, te lo dice il tuo correttore di bozze preferito -e gran spaccamaroni).
Scritto da: claudio | 08 novembre 2005 a 17:21
ci son degli errori molto piu' in questo post ma etiopia mi era sfuggito! :-)))
Scritto da: ava | 08 novembre 2005 a 17:46
è un film da non perdere, d'accordo. è il regista di "train de vie" ed è già garanzia. Ma quanto avrebbe fatto meglio se si fosse fermato prima! Un finale che non coagula e dove si allenta la pregnanza fino a diventare quasi banale. In ogni caso va visto se non altro perchè parla di un piccolissimo quasi inesistente pezzo di storia senza dubbio sconosciuto ai più e va visto anche e soprattutto perchè quella madre e quella famiglia adottiva sono da sogno.
Scritto da: giovanna nobile | 25 novembre 2005 a 15:23
il film vai e vivrai e da vedere perchè ci mette davanti a una realtà sconosciuta a noi...film molto commovebte...e da vedere assolutamente...
Scritto da: roberta | 04 marzo 2007 a 14:38