La sportivissima Sarah perde marito e figlia in un terribile incidente d’auto. Dopo un anno di lutto, accetta l’invito delle sue amiche per fare un’escursione speleologica: la meta scelta dovrebbe essere piuttosto semplice ma Juno, l’organizzatrice della gita, cambia meta all’insaputa delle altre conducendole in una grotta mai visitata prima: quando una frana blocchera’ la via d’accesso, gli equilibri di amicizia si spezzeranno, messi a dura prova anche da inquietanti presenze che sembrano animare le caverne...
Il film forma un dittico col precedente Dog Soldiers (2002), opera prima del regista inglese Neil Marshall: se allora erano sei uomini a confrontarsi con la materializzazione di leggendari lupi mannari, oggi il regista analizza le dinamiche di un gruppo tutto al femminile costretto alla sopravvivenza.
Sono fortissime le valenze simboliche e psicanalitiche: anche la natura ostile che circonda le ragazze rappresenta un femminile simbolico: le grotte, l’acqua, l’uscita alla luce mostra addirittura la fatica fisica di una nascita; mentre la discesa nelle viscere della terra equivale ad una discesa alla scoperta di se’, delle proprie pulsioni piu’ segrete e primordiali (i graffiti sulle rocce); emblematica poi la vicenda di Sarah il cui scontro con gli abitanti della caverna simboleggia chiaramente la lotta con i suoi demoni e le sue paure, tanto che la vediamo combattere anche con una rappresentante femminile della razza degenerata a cui e’ stato ucciso un figlio, come alla protagonista
La pellicola non manca comunque di ironia, soprattutto nella parte iniziale del film, quando l’atmosfera e’ ancora leggera e nel prologo che disegna i rapporti tra le protagoniste, il regista puo’ permettersi di giocare con gli elementi classici del genere sovrapponendo l’urlo di una ragazza per l’acqua gelata della doccia, alla bocca spalancata di un altra che si sta guardando la lingua allo specchio.
I ritmi della sceneggiatura poi si fanno via via piu’ incalzanti e dal thriller di atmosfera si arriva al gore piu’ esplicito, e benche’ si rispetti la struttura classica dell’horror, con il mostro che esce al momento previsto, il film riesce a sorprendere tre o quattro volte anche lo spettatore piu’ scafato facendogli fare dei bei balzi sulla sedia, ma i momenti piu’ “pesanti” da reggere sono i percorsi tra gli stretti cunicoli delle grotte ricostruiti negli studi londinesi di Pinewood, che riescono a rendere perfettamente il senso di claustrofobia che si prova nel restar imprigionati nelle viscere della terra.
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