Cina, XV secolo: una nuova dinastia imperiale prende il comando della nazione e vieta la pratica delle arti marziali, pena la morte. Il generale Vento di Fuoco mette crudelmente in atto l’editto imperiale trasformando il suo esercito in cacciatori di taglie che uccidono donne e bambini. Ben presto si formera’ un alleanza di sette spadaccini con l’intento di fermare l’eccidio..
Tsui Hark e’ uno dei cineasti piu’ importanti della scuola di Hong Kong: regista e produttore, con le sue opere ha rivoluzionato il cinema orientale, soprattutto ai tempi della collaborazione con John Woo, dando vita a capolavori come The Killer e la triologia di A Better Tomorrow.
Dopo una parentesi piuttosto insoddisfacente con il cinema americano e’ tornato a lavorare in patria e questo suo ultimo film e’ stato scelto per aprire la 62° edizione della Mostra del Cinema di Venenzia attualmente in corso.
Il lavoro e’ un wuxia-pian (film di cappa e spada) che si rifa’ alla scuola classica del genere, cercando di evitare il piu’ possibile gli effetti speciali e gli acrobatici voli che tanto avevano stupito e affascinato ne La Tigre e il dragone o in Hero e puntando sull’impatto delle pure arti marziali che Hark sa gestire molto bene, in netto constrasto con le delicate scene di serenita’ bucolica.
Notelvole la potenza espressiva ricercata anche attraverso il rigore cromatico (eccelsa la scena di apertura virata tutta nei toni del grigio e rosso) dai colori meno saturi e vivaci, quindi piu’ naturali, di quelli a cui ci hanno abituato i lavori di Zhang Yimou.
Tsui Hark esula dall’eccesiva fedelta’ storica trasformando, grazie a trucco e tatuaggi, l’esercito di Vento di Fuoco in una mansada di pazzi dal look cyberpunk.
Purtroppo in alcuni momenti la storia sfugge di mano al maestro di Hong Kong diventanto di difficile e confusa comprensione per lo spettatore.
Bisogna premettere che nei progetti del regista questo e’ solo il primo capitolo di un’epopea composta da sei film, quindi e’ anche difficile giudicare un’opera cosi’ ambiziosa e complessa quale si potrebbe rivelare in futuro ma di certo alla pellicola in questione manca la cifra introduttiva che dovrebbe avere se la saga dovesse essere sviluppata per intero. Non ci si riesce ad affezionare ai personaggi, che restano un piccolo nucleo confuso che lotta contro il male, mentre le loro storie personali vengono appena accennate. Eccessivo anche le triangolazioni amorose che hanno come protagoniste tre donne combattute tra uomini diversi e spesso i sentimenti delle une o degli altri sono estremamente ambigui, cosa che puo’ risultare intrigante per l’economia filmica quando si tratta di una singola coppia ma che diventa motivo di ulteriore confusione quando si reitera in diversi rapporti.
In conclusione un lavoro di difficile comprensione, che merita una sospensione di giudizio, consigliabile solamente agli amanti del cinema orientale, ma poco adatto a chi si vuole avvicinare al genere per la prima volta.
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