Italia, 1965
con Stefania Sandrelli, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Mario Adorf, Enrico Maria Salerno, Jean-Claude Brialy
regia di Antonio Pietrangeli
La parabola esistenziale di Adriana, che dalla provincia arriva a Roma in cerca del successo cinematografico.
Capolavoro del cinema italiano degli anni ‘60 che si contraddistingue per l’inconsueta costruzione ad episodi, il film di Pietrangeli e’ un'amarissima riflessione sull’Italia del boom economico.
Il ritmo spezzato degli episodi, che talvolta non rispetta neppure l’andamento cronologico e si perde nei flashback, e’ funzionale alla storia e al personaggio di Adriana che procede a tentoni nella sua esistenza, senza avere uno scopo se non l’illusione del cinema.
Adriana, interpretata da una Stefania Sandrelli perfetta, e’ quasi la metafora dell’Italia che si butta via affidandosi a maneggioni di varia natura.
Notevole la colonna sonora composta dalle tipiche hits del periodo che con le loro marcette urlate e trionfalistiche stridono fortemente con la realta’ fatta di delusioni e amarezze.
Specchio dei tempi di allora, ma tragica anticipazione della situazione odierna: mi ha colpito l’episodio dell’intervista per il cinegiornale montata con il chiaro intento di schernire l’aspirante attricetta, nel film e’ l’inizio della crisi della protagonista che la portera’ al suicidio, mentre nel sottobosco artistico di oggi e’ all’ordine del giorno: basta pensare a programmi come Veline dove la ragazza e’ costretta a subire gli sberleffi per dimostrare di essere ironica; anche gli ex famosi che tentano di rilanciare una carriera mangiando scarafaggi non sono poi dissimili dal personaggio interpretato da un Tognazzi veramente notevole: il vecchio Bagini che pur di ottenere una parte prima balla fino allo sfinimento e poi si presta a far da lenone al divo di turno.
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