Raro di questi tempi (visto il prezzo del biglietto!) veder qualcuno sgattaiolare fuori da una sala cinemaografica.. eppure allo spettacolo di
Sin city a cui ho assistito, almeno quattro o cinque persone hanno lasciato quatte quatte la sala: annoiate? scandalizzate? chissà! A me il film e’ piaciuto molto, a differenza delle altre pellicole tratte da fumetti, ma qui la mancanza di superoi era lampante..

(Ba)sin City e’ nota come la citta’ del peccato: nei suoi bassifondi si muovono donne magnifiche e loosers senza nulla da perdere.
Tre di loro ingaggeranno delle battaglie personali contro la corrotta famiglia Roark che detiene il potere politico sulla citta’.
Il film e’ tratto dall’omonima serie a fumetti, creata da Frank Miller, uno dei piu’ interessanti fumettisti americani degli ultimi venticinque anni, gia’ padre di personaggi come Elektra, anche lei recentemente sbarcata sul grande schermo.
Miller firma anche la regia di questa pellicola, assieme a Robert Rodriguez ed alcune scene sono girate da Quentin Tarantino; e con un omaggio al suo Kill Bill si apre il film: come non pensare a Black Mamba alla guida della decappottabile in apertura e chiusura di KillBill volume 2 quando l’ispettore Hartigan inizia a raccontare la sua storia?
Apparentemente le vicende di Marv, gigante dal volto sfigurato che vuole vendicarsi di coloro che hanno ucciso la prostituta Goldie, l’unica donna che abbia mai amato, quella del vecchio ispettore Hartigan dal cuore malato che tenta di salvare una bambina undicenne da un maniaco sessuale e quella di Dwight che si trova coinvolto suo malgrado nella morte di un poliziotto corrotto, morte che potrebbe causare la fine della fragile tregua tra le prostitute-amazzoni della citta’ vecchia e l’ordine costituito sembrano storie slegate tra di loro e il film pare costuito per episodi, in realta’ il male da combattere e’ sempre lo stesso, i fratelli Roark, uno vescovo (interpretato da un intenso Rutger Hauer) e l’altro senatore che con il loro potere lasciano impuniti gli orrori dei loro scagnozzi e alla fine della pellicola tutte le storie finiranno per intrecciarsi.
Mi chiedo se questa continua sottolineatura del rovesciamento tra bene e male per cui i cattivi sono quelli che dovrebbero garantire la giustizia e chi vive ai confini della legalita’ si trova a difendere i diritti degli sfruttati ed offesi non sia in realta’ la causa di fondo, con la sua lettura in chiave di politica contemporanea, del pessimo battage pubblicitario che accompagna il film dalla sua uscita americana.
Il fumetto di Miller rivede in chiave moderna lo stile hard-boiled della letteratura e cinema americani degli anni ‘30 e ‘40: violenza efferata, battaglie solitarie; l’universo femminile si trasforma da quello misterioso e pericoloso delle dark lady in un mondo di guerriere sensualissime e letali; nel film si aggiunge lo stile scanzonato ed ironico di Rodriguez, fedele seguace della scuola di Tarantino che riempie questo lavoro di citazioni classiche: oltre al grandguigonlesco e divertente episodio di Jackie Boy (il dialogo in macchina dovrebbe essere una delle scene dirette da Tarantino) si trova la scala a chiocciola di Vertigo (La donna che visse due volte di Hitchcock) e il volto del senatore Roark potrebbe essere quello di un Kane (il protagonista di Quarto Potere) stravolto dalla cupidigia.
Un’altra accusa mossa alla pellicola, oltre a quella della frammentarieta’, e’ quella di aver tradito lo spirito delle storie di Miller, che personalmente non ho mai letto, ma di certo il film lascia trasparire un melanconico romanticismo.
Una parola merita anche l’impianto visivo del film: un rigoroso bianco e nero ottenuto al digitale illuminato da vivaci sprazzi di colore di qualche particolare o delle iridi degli occhi, non sempre realistici (ad esempio l’orripilante mostro giallo) che rende bene l’atmosfera noir ed ha un forte impatto sullo spettatore.
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