Rodney Copperbottom e’ un giovane robot, inventore di belle speranze che vive in provincia. Un giorno decide di tentare l’avventura nella meravigliosa Robots City, per andare a lavorare presso il geniale Bigweld, idolo di tutti i robots.
Ma le cose sono cambiate: Bigweld e’ sparito e a capo delle sue imprese c’e’ il manager senza scrupoli Ratchet che, spinto dalla malvagia madre, Madame Gasket, vuole rottamare tutti i vecchi robots cessando la produzione di pezzi di ricambio e costruendo solo nuovi componenti, molto piu’ redditizi.
Dal mondo della preistoria, gli inventori de L’era glaciale ci trasportano in un immaginario parallelo, abitato da soli robots.
Un cartoon che si rivolge piu’ ad un pubblico adulto con la sottile satira (molto all’acqua di rose) della nostra societa’ consumistica che butta via quello che ci viene fatto credere essere fuori moda in nome del guadagno piu’ sfrenato; ma gli adulti apprezzeranno sicuramente anche la parodia della vita famigliare dove per zittire un bambino urlante basta solo abbassargli il volume.
Robots di vecchia generazione, costruiti con lo stile colorato e tondeggiante degli utensili ‘50 ormai un po’ sverniciati e ammaccati come le vecchie Cadillac che girano ancora per Cuba, opposti ai nuovi modelli, lucidi e cromati come oggetti art deco’ , cercano di convivere nella strepitosa citta’ dei robot: panorami che rimandano agli skylines fantascientifici della saga di Star Wars, ma soprattutto a Metropolis e viaggi assurdi su mezzi di trasporto che sfruttano qualsiasi legge della fisica per muoversi (forse i momenti piu’ belli della pellicola, sfoggio di pura fantasia).
Come vuole la tendenza dei grandi cartoons americani si sciorina un grande citazionismo cinematografico, sicuramente da menzionare il balletto ispirato a Cantando sotto la pioggia, ma anche la colonna sonora e’ eterogenea, da Barry White a Eye of the tiger per finire con una parodia in chiave drag-queen robotica di Britney Spears che canta Baby one more time.
Un prodotto che avrebbe tutte le carte in regola per svagare, ma la versione italiana e’ stata rovinata dal tremendo doppiaggio del personaggio di Rodney affidato a DJ Francesco, che canta anche una delle canzoni dei titoli di coda. Talvolta, da quando impera questa moda di affidare il doppiaggio dei cartoni a personaggi famosi, le scelte hanno fatto sorgere dei dubbi, ma mai come in questo caso si sono rivelate pessime: alle scarse doti interpretative dell’ artista (?) si uniscono le pesanti inflessioni dialettali (le vocali aperte di matrice milanese) che stridono fortemente con la dizione perfetta degli altri doppiatori.
Converrebbe aspettare di poter fruire il film in versione originale.
Commenti