Gabriel e’ il direttore del reparto donne di un grande magazzino ed e’ in lizza per diventare direttore di piano con Don Antonio, direttore del reparto maschile. Perde la grande scommessa della sua vita e finisce per uccidere il suo nuovo superiore in una lite. Convinto di essere finito, viene aiutato da Lourdes, la piu’ brutta delle commesse, che gli fornisce un alibi e lo aiuta a disfarsi del cadavere ma in cambio..
Stavo per perdemi questa deliziosa commedia nera a causa del trailer italiano che lo presentava come una banale commedia un po’ sguaiata, e il danno della distribuzione italiana non si limita a un trailer montato male, ma si accanisce sul titolo che da
Crimen Ferpecto diventa
Crimen Perfecto eliminando l’anticipazione insita nel titolo che ci avverte che la perfezione a cui ci spingono i media non potra’ esser raggiunta.
Ancora un a volta un film ambientato in un
non luogo: un grande magazzino dove sembra che si possa realizzare ogni desiderio: begli oggetti, belle donne e una bella carriera, e’ il regno di Gabriel e come un fortino che lo difende dalle brutture del mondo ci viene mostrato nelle poche inquadrature esterne: una struttura alta, compatta, circondata da mendicanti e dove alle dieci del mattino la gente preme per entrare, soprattutto in tempo di saldi, il momento in cui il sogno capitalista si fa piu’ vicino.
Il non luogo per sfuggire alla banalita’ della vita quotidiana: le case sono disordinati luoghi senza personalita’ se sono appartamenti di single od orrorifici loculi (anche quando sono rivestiti di pizzi e peluche) se accolgono i riti della moderna vita famigliare scanditi dalla televisione: Lourdes chiedera’ a Gabriel di sposarla in uno show televisivo che deve aver fatto la sua comparsa anche in Italia.
Gabriel e’ un personaggio volgare e mediocre come i suoi colleghi, rispetto ai quali si crede di gran lunga superiore, ma comunque noi parteggiamo per lui perche’ sulla sua strada incontra Lourdes, donna brutta e sciatta, per giunta arrivista e meschina, insomma la personificazione di tutto cio’ che non vorremmo mai essere: e’ lampante che in questa cattivissima commedia non si salva nessuno, neppure il pubblico.
Una storia ben congegnata, dove non mancano le citazioni e i rimandi cinematografici da
La notte dei morti viventi a Hitchcok, ma il fascino maggiore sta nel coraggio di aver portato all’estreme conseguenze, senza la paura di cadere in un divertito horror, l’apologo contro il consumismo e l’omologazione ai modelli imposti dai media che avvicina il lavoro di Alex de la Iglesia piu’ al grottesco meschino di Marco Ferreri che a quello grandioso di Bunuel.
Liberatorio.
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