La recensione del film di Guido Chiesa che ha per titolo la canzone che apriva e chiudeva i palinsesti di Radio Alice, tacendo della Pandolfi.
Due ragazzi sbandati della periferia bolognese, che fanno lavoretti per la mala entrano in contatto con i giovani fondatori di Radio Alice, una delle prime radio libere, tra le piu’ anarchiche di Bologna…
Guido Chiesa, nella sua sceneggiatura scritta in collaborazione con i Wu Ming, riesce a rendere bene la situazione della Bologna della fine degli anni ’70: principalmente il disagio giovanile delle periferie con il conseguente nichilismo e il tentativo di portare la fantasia al potere da parte degli universitari, ma anche le insoddisfazioni dei tutori dell’ordine e la malavita che sta cambiando, puntando tutto sul mercato della droga.
Non un film nostalgico, ma uno spaccato piuttosto lucido della situazione: emblematica la scena della prima trasmissione condotta da i due proletari, che scelgono una musica commerciale (l’unica bandita dalla censura estetica del collettivo che ha fondato la radio) e il poliziotto di leva che e’ in ascolto per carpire eventuali messaggi politici non puo’ evitare di battere il ritmo con i piedi: per l’ennesima volta le rivoluzioni che partono dall’alto non sono comprese dalle masse.
Divertente il siparietto in stile cinema muto con tanto di didascalie per raccontare come nacque Radio Alice. Drammatica e attuale, invece, la scena finale con la carica della polizia che porto’ alla morte dello studente universitario Francesco Lorusso e la perquisizione forzata dei locali della radio, che non puo’ non far tornare alla memoria i terribili fatti del G8 di Genova.
Un curiosita’ il gruppo che suona al concerto organizzato dalla radio,
Gli Area, sono interpretati dagli Afterhours di Manuel Agnelli.
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