Il plot e’ quello tipico dell’horror americano, debitore principalmente a Non aprite quella porta di Tobe Hooper, ma la regia di Rob Zombie, star del metal alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, lo trasforma in una miscela psichedelica di tutti i topos del genere gotico, dal classici della Universal degli anni ‘30, a Roger Corman, agli Z-movie dove il gore si fonde col sexy e il trash, trasmessi nelle maratone della Tv via cavo americana. Non manca la citazione delle nocche tatuate del predicatore Harry Powell, l’oscuro protagonista de La morte corre sul fiume interpretato da Robert Mitchum nell’unica prova registica del grande Charles Laughton.
Il film, soprattutto all’inizio resta a lungo in bilico tra horror e commedia, spiazzando lo spettatore, per trasformarsi poi in una discesa negli inferi della perversione , sempre con un occhio all’ironia.
Un referente e’ sicuramente Alice nel paese della meraviglie, infatti l’unica ragazza che (forse) uscira viva dall’allucinante esperienza viene vestita come la protagonista del cartone della Disney e fugge lungo i cunicoli di un mondo sotterraneo fatto di raccapricciante follia.
Notevole anche l’uso di diversi tipi di fotografia, che sottolineano la continua alternanza tra gioco e splatter: dal bianco e nero ai colori acidi, dalle sovrimpressioni alle riprese in negativo.
Forse non un capolavoro assoluto, ma una sana sferzata a un genere che ultimamente stava languendo.
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