La diatriba sul doppiaggio e’ solitamente rivolta alla traduzione di film stranieri, che tanti vorrebbero in sala con i sottotitoli e la possibilita’ di ascoltare le voci delle loro star preferite.
La visione dell’ultima parte del film Porzus venerdi’ sera pero’ mi porta a riflettere su una forma di doppiaggio ormai caduta in disuso: quello di rendere omogeneo il linguaggio di un film italiano.
Porzus narra (con molti demeriti) una tragica storia della resistenza in cui un gruppo di partigiani comunisti trucida altri partigiani di matrice cattolica. La storia viene rievocata da due sopravvissuti dei blocchi avversari che in tarda’ eta’ si rincontarano per una resa dei conti.
La vicenda si svolge sulle montagne del Friuli e benche’ le molte cadenze dialettali degli interpreti possano venire accettate, e’ abbastanza fastidioso vedere uno dei personaggi principali, Geko, comandante della Garibaldi, interpretato all’epoca della vicenda partigiana dal giovane Lorenzo Crespi dal forte accento meridionale e da anziano da Gastone Moschin che sfodera un impeccabile accento friulano.
Sono arrivata anche a pensare che Geko non fosse orginario di quei luoghi e poi vi sia rimasto dopo i tragici eventi che lo videro protagonista, giustificazione un po’ lambiccata per un film che tra i pochi meriti ha quello di una perfetta ricostruzione storica, ma la fedelta’ storica non passa anche attraverso il linguaggio?
Non e’ compito degli attori aver una dizione perfetta e all’occorenza imitare i piu’ diversi dialetti? Le suore da me lo pretesero quando alle medie mi fecero recitare una commedia di Goldoni! Esperienze personali a parte , essere doppiati in patria non e’ un demerito (soprattutto quando questo torna a vantaggio del film al cui servizio dovrebbe essere l’attore): accadde anche a Mastroianni in una delle sue prime apparizioni e, non vorrei sbagliare, venne doppiato da Sordi.
Dal 12 dicembre 2005 siamo in rete e parleremo di cinema, home entertainment e tv, ma da un punto di vista particolare, quello del doppiaggio.
Come gli addetti sanno bene il termine “a sinc” significa che la colonna doppiata sovrapposta al film originale è incisa in modo ottimale e che i movimenti delle labbra degli attori sulla scena – grazie ai testi scritti e adattati dal dialoghista – coincidono con le parole pronunciate dagli attori doppiatori. Ci è sembrato un buon auspicio.
Annunciata a settembre in occasione del festival del doppiaggio Voci nell’Ombra va ora in linea, seppur con non molti contenuti, per potersi confrontare sin da subito con la platea dei suoi potenziali lettori e per svilupparsi in sintonia con le esigenze che si andranno man mano evidenziando.
aSinc va a colmare un vuoto strutturale nel panorama italiano della critica alle opere cinematografiche e audiovisive, quello della qualità del doppiaggio, una pratica che rende fruibile alla totalità del pubblico ogni anno circa 300 film stranieri, che rappresentano circa l’80 per cento degli incassi al botteghino, circa l’85 per cento del mercato homevideo e oltre il 75 per cento delle opere, tra fiction e documentari, trasmesse dalle emittenti TV. Un’assenza che nel corso degli anni ha contribuito a permettere il degrado professionale e qualitativo nel settore, dominato da un mercato confuso se non deregolamentato, a tutto scapito del pubblico, tra cui vediamo i minori, grandi “utilizzatori” di film e fiction, assorbire modelli culturali spesso discutibili.
aSinc si pone l’obbiettivo di fare informazione sulla realtà del settore, di individuare le politiche necessarie alla sua salvaguardia e al suo sviluppo, di rivalutare la dignità professionale degli addetti, di dare l’avvio alla costituzione di un archivio storico delle recensioni delle opere doppiate (con un occhio alle altre metodologie di trasposizione linguistica) a disposizione del pubblico italiano e straniero – sempre più sensibile al fattore qualità – a miglior tutela di un’attività così significante per la cultura italiana e per l’industria dell’intrattenimento nazionale e non.
Partecipano a quest’avventura, in qualità di Garanti, anche un gruppo di studiosi e di esperti che hanno a cuore la materia, i quali avranno il più ampio spazio a disposizione per tracciare linee di indirizzo ed esprimere considerazioni generali
Scritto da: asinc | 06 marzo 2006 a 17:29
mi sembra un'ottima inziativa, saro' lieta di seguirvi :-)
Scritto da: ava | 06 marzo 2006 a 17:37
Il doppiaggio di attori italiani era una pratica diffusissima e molto remunarativa - a livello artistico e commerciale - nel nostro cinema. Proprio un fatto storico. In effetti se uno va a guardare alla storia del doppiaggio italiano nota delle curiosità assurde. Ci sono persino casi in cui all'interno di uno stesso film un attore (italiano) è doppiato anche se poi presta la sua voce originale a un altro attore dello stesso film, interprete di un altro persoanggio.
ammetto che la logica e la sintassi del periodo è leggermente confusa. non so quanto si comprenda. -_-"
e dire che ci sto scrivendo una tesi sull'argomento...
Scritto da: Noodles | 07 marzo 2006 a 00:19
Ricordo una piccola polemica quando ALberto Sordi interpretò DOn Abbondio ne I promessi sposi di Salvatore Nocita. Gli si mossero molte critiche per aver dato una cadenza decisamente romanesca alla parlata del personaggio manzoniano. Al di la della fedeltà ai fatti storici o alle opere letterarie, un attore molto spesso non subisce l'identità di un personaggio ma lo reinventa dandogli le proprie fattezze. In pratica non tutti gli attori sono degli interpreti di scuola stanislavskiana, ma molto spesso delle maschere.
Scritto da: KinemaZOne | 07 marzo 2006 a 17:15
io penso che l'italia abbia avuto una grande tradizione di doppiaggio ormai in decadenza: voglion fare tutti gli attori leggi luca ward, una delle piu' belle voci attuali.. ah il mitico pino locchi!
Scritto da: ava | 07 marzo 2006 a 19:06