Il film di Spike Lee e' un pugno nello stomaco che ti lascia senza parole.
Urla senza sonoro a testimoniare un dolore che non ha voce, come quello di una citta' ferita crudelmente.
I soldi ricavati dallo spaccio per fare la bella vita e pagare il pizzo del bar di famiglia.
Ragazzine disposte a tutto per ottenere ottimi voti e accedere cosi' a
un buon college che permettera' loro di avere un'occasione.
Il west, la frontiera.. ancora l'ingenuo sogno di un posto tranquillo
dove costruirsi una famiglia e vivere sereni, ma tutto si infrange
all'alba sulla faccia tumefatta di Ed Norton, non un figlio del ghetto
senza opportunita', ma il rampollo bianco della middle class americana
che ha gettato via la sua occasione: lo Zio Sam non ne concede di piu'.
E' molto più bello il tuo commento al film, che non il film stesso.
Purtroppo ho trovato il film "già visto" e "già letto in troppi romanzi" per poter cogliere una novità. Da Spike Lee mi aspettavo ancora una volta qsa di più dissacrante.
Scritto da: ibrab | 29 giugno 2005 a 17:16
il primo commento.. e neppure di un parente! e nemmeno negativo.. ma allora esistete!!! :-)
Sentiti ringraziamenti a Ibrab, ma se il mio commento e' decente e' perche' il film mi ha emozionato davvero: esprime perfettamente la trasformazione del sogno americano da un desiderio di liberta' e nuove opportunita' (il progetto di fuga del padre, americano di prima generazione) a uno squallido "make money" per fare la bella vita e avere bellissime donne, che potrebbero sempre abbandonarti da un momento all'altro, in fondo l'unico motivo valido per non andare in prigione potrebbe essere il cane.
Dedicato a tutti che sognano l' America.. QUESTA America.
Scritto da: ava | 29 giugno 2005 a 17:18
mi fa piacere che il film ti abbia entusiasmato tanto. tutto quello che dici è vero, ma è già visto e letto. da james dean in poi, dalla beat generation in poi è sempre stata una ribellione dei figli contro i padri. è sempre stata la ricerca di uno spazio proprio dove crescere. anche questo libro/film non si discosta da certi discorsi. cambiano l'ambientazione e le vicende, perché parla dei nostri tempi, ma in realtà non c'è niente di nuovo davanti alla macchina da presa (e nelle pagine del libro). anche l'aver perso il sogno americano (e la scontata accusa al sistema che segue) è diventato uno slogan e uno stile di vita... da 60 anni ormai.
mi piace il tuo entusiasmo, il film non è brutto, ma davvero da spike lee mi aspettavo qsa più dissacrante, invece di una banale sequela di luoghi comuni e di orgoglio americano ferito
Scritto da: ibrab | 29 giugno 2005 a 17:19
Ho riflettutto un po' su quello che scrive Ibrab e non mi trovo d'accordo.. piu' che una constestazione contro i padri mi sembra che Spike Lee auspichi un "back to the roots" riproponendo il mito della frontiera, e devo dire che con questo film ho finalmente capito anche il significato che questa assume negli spaghetti-western, come da tempo cercava di illuminarmi il mio buon amico Stinkybeard.
Se devo trovare un referente per il personaggio di Monty, (nome a parte,dichiaramente ispirato al
looser per eccellenza di Hollywood, finito sfigurato da un incidente: Montgomery Clift) paradossalmente lo vedo nel James Stewart de "La vita e' bella" di Capra, solo che qui manca il lieto fine, del resto son ben lontani i tempi del New Deal.
Scritto da: ava | 29 giugno 2005 a 17:20
Bisognerebbe credere in tutto quello che la cara madre America vomita in faccia alle finestre della New York bene, quella che in 24 ore non si può ricordare e che un'ora dopo sembra così lontana. Finalmente possiamo parlare di un film duro, crudo, disincantato e acido come il viso tumefatto di Norton attraverso il finestrino...
Uno spacciatore per bene ed una bravissima attrice per una ragazzina senza scrupoli o peli sulla linga...come le immagini di Spike Lee.
Scritto da: antisociale | 29 giugno 2005 a 17:22